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DIARIO DI MATTEO COMI SULLA SPEDIZIONE A CUBA

data di pubblicazione: 08-03-2017



NELLA FOTO IL GRUPPO SI ACCINGE AD ENTRARE NELLO STADIO CHANGA MEDEROS

Un cappellino blu reale con la scritta "Cuba 2017" calcato sulla testa nella sala d'attesa dell'aeroporto di Malpensa. Un semplice gesto che voleva sancire l'inizio di una spedizione affascinante e dai mille risvolti. Una comitiva di 22 persone: dieci giocatori provenienti da differenti squadre del campionato A. I. B. X. C. : Burgio, Casale, Comi, Checchi, Somma, Pierri, Lazzarini, Cascio, Parisi e Pierini, due allenatori: Lanzarini e Giurleo, un assistente tuttofare: Giovinetti, tre dirigenti: Il Presidente Mazzanti, il Commissario alle Attività Agonistiche Malaguti e il Consigliere agli affari esteri De Regny, quattro arbitri: Bizzotto, Ricci, Bertacche e Amurri .

Tra di loro alcuni all'esordio nelle trasferte internazionali, altri navigati viaggiatori e altri ancora già protagonisti dalla precedente spedizione nell'isola caraibica con la quale sempre il caro Alfredo Meli aveva piantato il seme del baseball ciechi nel lontano 2000 tra scetticismo e sempre nutrite speranze. Quel seme che sembrava essersi seccato aveva, tuttavia, dato qualche frutto nel 2011 con la realizzazione di un filmato che testimoniava il fatto che i cubani avevano continuato a giocare e aveva spinto il Presidente Alberto Mazzanti e il Manager Ranieri ad una nuova sortita all'Avana per riallacciare i rapporti con rinnovato entusiasmo.
A distanza, dunque, di quasi 17 anni rieccoci qui pronti e decisi ad aiutare i cubani a proseguire nel loro percorso di sviluppo di questo nostro amato gioco.
Dopo un viaggio confortevole ma comunque lungo, approdavamo, quindi, all'Avana la sera del 19 Febbraio. Ad attenderci all'aeroporto, oltre, ad una temperatura mite e gradevole giungendo dall'inverno italiano, c'erano Carlos Guzman e Pubblio Vasquez icone del baseball degli anni settanta e nostri accompagnatori speciali in questa avventura.
Il tempo di raggiungere in pullman l'albergo, una dormita ritemprante e una mattinata di acclimatamento in piscina che eravamo già pronti con la nostra polo da passeggio realizzata per l'occasione a presenziare alla cerimonia di apertura. Sede dell'evento era il campo di allenamento degli Industriales, famosa squadra di baseball dell'Avana. Un impianto da 5000 posti intriso di passione ma che dimostra i suoi anni. Gli aspetti che, tuttavia, ci colpirono nell'avvicinarci al campo furono da subito la diffusione di questo sport che andava totalmente contro la nostra consuetudine e la passione da subito trasmessaci dai giocatori non vedenti e anche dagli assistenti presenti nel Doug-out. Noi abituati ad essere circondati da rettangoli verdi con righe bianche e reti, espressioni del potere assoluto del calcio, ci ritrovavamo immersi in una serie di diamanti con persone che portavano guantoni, palline e mazze per giocare al loro sport nazionale.  Una cerimonia in pompa magna con tanto di corteo delle due delegazioni schierate da casa base verso prima o terza base preceduti da due portabandiera, inni nazionali e discorsi delle autorità. Una volta terminato il rituale di benvenuto ci accomodavamo sulle spaziose tribune  per seguire una partita dimostrativa tra due selezioni di giocatori ciechi e ipovedenti assistiti dagli autorevoli commenti tecnici di Gianluca Giovinetti e Lauro Lanzarini. I circa venti atleti presenti erano suddivisi in due compagini: da una parte la squadra dell'Avana, mentre dall'altra una selezione di giocatori provenienti dalla zona orientale di Cuba. L'incontro si svolgeva sulla distanza di cinque riprese e ovviamente con il campo con le misure del diamante simile a quelle del baseball normodotati che si adotteranno dal campionato dal 2017. Da buoni agonisti ci apprestavamo a studiare pregi, difetti e segreti dei nostri avversari. Più che l'andamento in sé del game, stravinto dalla squadra dell'Avana, ci colpirono due fatti in particolare: dal punto di vista offensivo i giocatori mostravano una tecnica innata e la capacità di toccare sempre la pallina al primo colpo senza neppure fare alcuna prova. Dal punto di vista difensivo, invece, ci veniva da sorridere in quanto li notavamo disorganizzati dato che non si buttavano e non erano tra loro coordinati nel recuperare la pallina. Il tutto riassunto e ribadito più volte dall'esperto Giovinetti con la frase: "In attacco la toccano ma in difesa sono scarsi, perché non si buttano!". Al termine dell'incontro Lorenzo De Regny ci illustrava il programma stilato dagli organizzatori per la settimana. esso prevedeva Martedì e Mercoledì lavoro nel pomeriggio suddiviso in allenamento tra le 14.00 e le 15.30 e a seguire partitella sulle cinque riprese. Il Giovedì si sarebbe dovuto fare allenamento in mattinata e sempre partita nel pomeriggio, mentre il Venerdì avremmo giocato di mattina. Il programma appariva intenso ma era in noi tanta la voglia di giocare e confrontarci con i nostri nuovi avversari.
Martedì mattina noi giocatori iniziammo a fare riscaldamento in piscina nel senso di abbronzatura, mentre arbitri e assistenti andavano sempre allo stadio degli Industriales a seguire una partita di baseball per normodotati. Ci presentammo, quindi, in divisa per le 14.00 al campo e fummo accolti subito da una sorpresa. La partita dei normodotati, infatti, nonostante fosse iniziata alle 10.00 era ancora in corso ed era agli extra-inning. Prima di entrare nell'impianto incontrammo un ragazzo non vedente il quale teneva una ricetrasmittente in mano e diceva di essere un radioamatore pronto a tifare i suoi compatrioti nella partita che avrebbero tra poco giocato contro l'Italia. Con lui io, Vanessa, Andrea e Giuseppe discutemmo su quali possibilità lavorative fossero presenti in Cuba per soggetti con problematiche visive. Il ragazzo ci rispose che le due principali erano il fisioterapista e l'avvocato, mentre non capimmo bene se ci fosse una figura affine a quella del centralinista. Nel frattempo il tifo sugli spalti abbastanza gremiti era alle stelle con tanto di trombette ed boati a sottolineare le giocate dei propri beniamini. Dopo 14 inning il game terminava e aveva inizio il nostro allenamento. Il riscaldamento di noi italiani era, ottimamente, gestito da Alfonso Somma e poi tutti insieme, italiani e cubani facevamo tre giri delle basi con l'ausilio di base sonora e assistenti con palette, così da prendere confidenza col campo il quale aveva la peculiarità di una corsia da terza a Casa base di ampiezza dimezzata rispetto a quella tradizionale dato che la terra rossa era presente solo nella parte esterna della corsia. I giocatori delle due nazioni erano, dunque, di nuovo divisi con i cubani a lezione di difesa con De Regny, mentre gli italiani nel tunnel a battere. Quì ecco un'altra sorpresa per noi italiani. Una volta arrivati al tunnel che per le sue fattezze, ribattezzai la voliera anche se non era circolare ma l'impressione era quella, scoprimmo che non erano state portate dall'Italia le nostre tradizionali mazze da softball e il materiale messoci a disposizione erano delle mazze da baseball corte tutte in legno tranne una in metallo. Tra sbigottimento e incredulità ci dedicammo per mezz'ora a cercare di capire come battere con tali strumenti. Alle 15.30 ecco, dunque, scattare il primo incontro con l'Italia che schierava Casale interbase, Somma terza base, Lazzarini esterno sinistro, Pierini esterno centro e Cascio esterno destro. La selezione italiana capitanata da Giuseppe Checchi, eletto a furor di popolo capitano assoluto, partiva in attacco al suono di: "terzera! ... secunda! ... primera! ... Juego!". Qualche battuta di assestamento e poi vai con Somma a siglare il vantaggio per i nostri colori. I nostri avversari, tuttavia, apparivano trasformati in difesa, sembrando aver appreso immediatamente quanto spiegatogli da Lorenzo incominciando a buttarsi ma soprattutto mettendo da subito in mostra dei lanci perfetti e precisi nel guanto dell'assistente vedente tanto da far affermare a Malaguti di non aver mai visto dei lanci così precisi da giocatori non vedenti in tutti questi anni. Gli avversari si dimostrarono tosti anche in attacco pareggiando i conti nel corso delle loro due riprese offensive. Di nuovo avanti l'Italia con Lazzarini ma i cubani infilavano una serie di valide che li portavano sul 5 a 2 che diventava il risultato finale, nonostante i cambi adottati da Manager Lanzarini. Singolare e per alcuni eccessiva l'esultanza dei padroni di casa al termine dell'incontro con tutti i giocatori radunati sul monte a gridare "Cuba!" prima di salutare gli avversari e omaggiarli con una spilla. Serata di meditazione in albergo con Lanzarini a presiedere una riunione tra i giocatori per decidere le contromosse per l'indomani con a serpeggiare anche la voce che qualche cubano ipovedente avesse giocato senza mascherina.
Il programma del Mercoledì era, tuttavia, stravolto dalla pioggia che iniziava a cadere copiosa sin dalla notte del Martedì per poi proseguire nella prima parte della mattinata di Mercoledì stesso. Le ore prima del pranzo erano, quindi, dedicate alla visita dello stadio Latino Americano, autentico monumento storico sportivo cubano, dove persino Fidel Castro aveva giocato. Nel pomeriggio ci recavamo al campo ma senza concludere nulla data la presenza di pozze in diamante che il sole spuntato a partire dalle 11.00 non aveva fatto in tempo ad asciugare. Un breve sondaggio per la disponibilità dei campi circostanti, purtroppo tutti occupati ed ecco la definitiva rinuncia a giocare data l'indisponibilità di tutti i diamanti, così gli italiani se ne andavano a fare shopping mentre i cubani si esercitavano sulle battute.
Doppia seduta al campo il Giovedì con allenamento separato per le due nazionali la mattina e partita di sette inning nel pomeriggio. Italiani impegnati con le corse sulle basi e la difesa dalle 10.00 alle 12.00 agli ordini di Stefano Malaguti, mentre i cubani si dedicavano a battute e lanci. Giovedì pomeriggio ci presentavamo, dunque, in diamante con la voglia di rifarci della scoppola di due giorni prima. La formazione scelta da Manager Lanzarini prevedeva Casale in interbase, Somma in terza base, Lazzarini all'esterno sinistro, Pierini all'esterno centro e Capitan Checchi all'esterno destro. I cubani, iniziavano a martellare nel box mettendo a segno due HR da un punto e un HR da due punti portandosi sul 4 a 0 dopo quattro inning con la spedizione italiana che piombava in uno psicodramma totale con la prospettiva di sentir risuonare nelle orecchie ancora il coro "Cuba! Cuba!". l'HR di Somma nella bassa della quarta ripresa sapeva quasi di punto della bandiera a cospetto delle bocche da fuoco cubane e delle loro braccia telecomandate capaci di sfornare assistenze direttamente nel guanto del vedente. A quel punto per completare l'opera uno scroscio di pioggia causava l'interruzione della partita sembrando quasi un sipario di chiusura per coprire la seconda figuraccia in terra estera. Una volta terminata la pioggia ecco partire la riscossa del team Italia che calava due assi dalla panchina: Giusì Parisi e Vanessa Cascio. Le fanciulle avevano un impatto decisivo sul game, mettendo a ferro e fuoco la difesa avversaria con le loro valide così da permettere alla loro compagine di raggiungere il 4 a 4 al termine del sesto inning tra lo sbigottimento dei supporters cubani. La parte alta della settima ripresa mostrava una difesa ermetica di Casale che blindava il risultato, così da permettere un ultimo assalto italiano nella bassa. Capitan Checchi e compagni non riuscivano purtroppo a praticare il sorpasso così che l'incontro terminava 4 a 4 evidenziando da una parte il talento dei cubani che non facevano classificare la loro precedente vittoria sotto la categoria di episodio estemporaneo, mentre dall'altra metteva in mostra un'ottima capacità di reazione di noi italiani. l'indomani pomeriggio andava in scena il terzo e conclusivo capitolo della saga sportiva. Noi ci presentavamo con il seguente line-up: Lazzarini esterno sinistro, Casale interbase, Somma terza base, Pierini esterno centro e Cascio come battitrice designata su Comi difensore obbligato schierato in esterno destro. Partenza decisa, autoritaria e concentrata da parte nostra che cercavamo di mettere le cose in chiaro sin da subito fuggendo sul cinque a zero dopo soli due inning d'attacco. I cubani tentavano di rientrare in corsa con un HR ma la difesa tricolore placava le loro velleità. Capitan Checchi e compagni si portavano fino al 10 a 1 al termine della quinta ripresa e solo il fatto di non applicare la manifesta procrastinava la vittoria italiana. Noi continuavamo a martellare dal piatto arrivando a siglare 13 punti, mentre i cubani rendevano meno eclatante il loro tonfo con un HR da tre punti che faceva esplodere i loro tifosi sulle tribune. Da sottolineare, infatti, sia la nutrita presenza di pubblico sugli spalti e il costante supporto alla squadra di casa fino alla fine, nonostante lo svantaggio. Un 13 a 4 che faceva rialzare la testa agli italiani e dava una lezione di umiltà ai cubani i quali bisogna sottolineare si fermavano sempre a complimentarsi e a salutare dopo ogni incontro.
Una volta salvata la faccia la compagnia italiana si godeva un meritato giorno di riposo nel mare dei caraibi prima di rientrare tranquillamente e con soddisfazione in patria.
Il mio pensiero da molti condiviso all'interno della spedizione è è quello di un'esperienza produttiva e molto positiva. Quello che più stupisce è il livello di competitività raggiunto dai cubani grazie soprattutto al fatto che la maggior parte di loro, probabilmente, già praticava baseball da vedenti e dunque mostrava una padronanza dei gesti tecnici sorprendente che molti giocatori in Italia raggiungono dopo svariati anni di attività. Ciò che a loro è sembrata mancare è la parte tattica e in particolare l'organizzazione difensiva tanto che i loro assistenti erano colpiti da come chi stava sul monte per l'Italia muovesse i giocatori  in base al battitore. Un altro aspetto che ci ha colpito è la passione mostrata dai cubani che a fatto si che in questi anni il loro livello di gioco sia progredito e migliorato. La loro viscerale passione per questo sport ha permesso lo sviluppo di questo modo di giocare, forse perché per i disabili visivi il fatto di poter tornare a giocare a baseball rappresenta il realizzarsi di un sogno. Essi a differenza di altri hanno saputo accettare con umiltà la mano tesagli dagli italiani e con le loro capacità tecniche siamo sicuri che faranno strada. Il ruolo strategico di Cuba nel centro-America fa, inoltre, ben sperare per l'ulteriore diffusione di questo sport, come ad esempio nel vicino Guatemala dove Carlos Guzman sta già lavorando da tempo.
Il seme piantato nel 2000 si è sviluppato dando origine ad una robusta pianta e ora non ci resta che attendere i nuovi frutti in arrivo. 

foto del gruppo schierato: da sin in piedi :Malaguti,Giovinetti,Somma,Casale,Lazzarini,Pierri,Checchi, Lanzarini,Guzman,Vasquez, Giurleo, comi,pierini, Cascio, Parisi, De Regny e Mazzanti.



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