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Anno selezionato: 2025
data di pubblicazione: 17-07-2018
Il baseball giocato da ciechi alla conquista dell’America. Una missione iniziata nel 2015, giunta quest’anno alla quarta trasferta negli States per l’AIBXC, che poche settimane fa con la FIBS ha fondato la Lega Italiana Baseball per Ciechi e Ipovedenti (LIBCI). Una disciplina nata da un’ idea di Alfredo Meli che si sta sempre più affermando in Italia e all’Estero, anche negli Stati Uniti. Uno sport che mira a diventare disciplina paralimpica, ma prima ancora di conquistare il cuore di chi il baseball loha inventato: gli americani. Un lavoro incessante dell’AIBXC, con i suoi responsabili tecnici e organizzativi in loco, ossia Tom e Sandra De Rosa di cui ci parlano gli “Ambasciatori” di questo sport, Matteo Briglia e Ada Nardin, soddisfatti dei risultati ottenuti fino ad ora, nonostante mille difficoltà, con un incremento della quota dei giocatori, del numero di coaches e assistenti vedenti. Grazie allo sforzo finanziario di AIBXC, poi, sono riusciti anche ad ottenere un campo a Central Park da aprile a fine settembre, nel cuore pulsante di New York, ma ancora tanto c’è da fare.
Al termine di questa ulteriore full immersion in diamante con i ragazzi, qual è lo stato dell’arte del progetto?
Anche quest’anno purtroppo siamo stati penalizzati dallo schedule fissato per gli allenamenti: nonostante le continue richieste al NY Parks Department avanzate da Tom e Sandra per un orario più flessibile che venisse incontro alle esigenze di tutti, per la seconda stagione consecutiva ci è stata concessa la finestra dalle 15 alle 17.30, su un campo da softball, con tutte le difficoltà logistiche, organizzative e climatiche che una pianificazione simile delle attività può comportare. L’AIBXC e i nostri referenti newyorkesi non hanno comunque intenzione di mollare la presa e si faranno portavoce una volta di più presso l’Ente Parchi, al fine di ottenere una fascia oraria più favorevole per le practices, da svolgere, se possibile, su un campo da baseball. Fatta questa doverosa premessa, noi Ambassadors abbiamo guidato tre allenamenti di cui due davvero concreti, proficui e partecipati. Al primo allenamento ci ha dato una grossa mano anche coach Don Landolphi, manager di enorme esperienza internazionale e grande personalità sotto il profilo tecnico, agonistico e della comunicazione schietta con gli atleti, mentre per la terza practice abbiamo beneficiato del supporto di due ulteriori volontari che sono stati subito rapiti dalle dinamiche del nostro sport, dichiarandosi interessati a proseguire la collaborazione con De Rosa e i New York Rockers. Ed è proprio grazie alla presenza di una decina di atleti e di un numero sufficiente di assistenti in due delle tre practice condotte che Tom è riuscito ad imbastire due “ Intersquad Games”, partitelle tra squadre miste che si sono date battaglia senza esclusione di colpi per quattro inning, esaltando il tipico “ US Competitive Spirit”, per nulla incline a logiche “Recreational”. Momenti tra divertimento e agonismo acceso in cui è finalmente uscito lo spirito di appartenenza di questi ragazzi ad un’unica squadra, sfociato nella ferrea volontà di proseguire in questo progetto e sfidare quanto prima i forti colleghi italiani.
Considerando l’assenza di manager, assistenti e arbitri italiani a supporto del vostro lavoro, come avete gestito concretamente gli allenamenti e come siete riusciti a trasmettere ed imporre la vostra autorità sui ragazzi?
Beh, c’è da dire che la deferenza nei confronti dell’autorità che nasce dalla riconoscenza e dal rispetto verso chi di fatto è padrone di regole, segreti e trucchi di una specifica disciplina è un concetto da sempre insito nel modus operandi degli amici americani. Dal giorno in cui i ragazzi hanno deciso quindi di imparare il nostro sport, si sono messi a nostra completa disposizione, per cui ogni suggerimento pratico o tecnico e di natura regolamentare ha subito assunto carattere di diktat militaresco o, se preferite, dogma evangelico. Gli americani l’hanno messa su un piano estremamente semplice: , gli Italiani sono i padroni del Brand, se dicono questo, dobbiamo eseguire. E, a ben pensarci, questo atteggiamento, oltre che favorire la rapida e corretta trasmissione del nostro sport, ha sollevato anche tutta una serie di domande, approfondimenti, dubbi e perplessità intorno a regolamento e dinamiche del gioco che non mancheremo di trasmettere alla Dirigenza AIBXC.
E sulla gestione squisitamente pratica?
Dosi massicce di riscaldamento a prevenire strappi e guai muscolari per atleti anche un po’ in là con gli anni e che comunque non fanno sport tutti i giorni – probabilmente l’aspetto peggio digerito dalla ciurma, forse troppo fiduciosa nella sua presunta forza fisica – seguite da drills massacranti e specifici sui Fundamentals: corsa sulle basi, con particolare attenzione all’avvicinamento e arrivo sui cuscini, difesa in diamante utilizzando il cosiddetto “ metodo a banana “ nell’intercettare e fermare la pallina, tecniche di lancio, prima di chiudere con una ventina di minuti di batting practice al muro in cui abbiamo lasciato ai ragazzi completa autonomia e libertà sulla scelta dello stile di battuta più proficuo ed efficace.
Alla luce di quanto osservato nel corso degli allenamenti e di quanto emerso nei numerosi colloqui che avrete sicuramente intrecciato con Tom, Sandra, atleti e volontari, riuscite a sintetizzare le principali criticità ed i punti di forza di un progetto americano alimentato con tanta ostinazione e perseveranza da voi Ambassadors prima che da figure istituzionalmente più accreditate negli ambienti AIBXC, FIBS e dello sport paralimpico in generale?
Domanda eccellente, cui per altro non è facilissimo rispondere in forma sintetica. Proviamo a fissare qualche punto, partendo da alcune rigidità / criticità che a tutt’oggi ostacolano ancora il decollo armonioso ed ufficiale del progetto. Alle difficoltà leghate allorario infelice degli allenamenti a cui si accennava in precedenza, vanno sommati problemi di comunicazione riscontrati tra gli stessi elementi della squadra, in particolare proprio tra atleti e lo stesso Tom che, nel ruolo di capitano e responsabile logistico dei Rockers, si è spesso trovato nella condizione di non sapere esattamente su quanti atleti poter contare alle practices. Questo nonostante una mailing list e una piattaforma tecnologica che dovrebbe includere tutti ma di cui sono in parecchi a denunciarne ancora l’esclusione. Ricordiamo per inciso che i Rockers non hanno ancora indetto una Riunione di Squadra ufficiale in cui potersi confrontare apertamente, superando eventuali convergenze personali e programmatiche, prima di fissare obiettivi comuni e strategie. Questo quadro estremamente frammentato, spesso scoraggiante, ha favorito inoltre il proliferare di piccole invidie tra i ragazzi, frutto magari di micro conflitti mai sopiti, tipici degli ambienti associativi ristretti, sfociati in comportamenti sin troppo individualistici in alcuni soggetti, con il risultato di un’autorità di De Rosa messa in discussione a più riprese, unita ad un attaccamento alla casacca Rockers pressoché nullo, se non durante i già citati Intersquad Games. Una situazione paradossalmente anomala che ha portato alcuni atleti e responsabili a rivolgersi direttamente a noi in fase di critica aperta verso i colleghi, se non addirittura ad utilizzarci come parafulmini nello sfogare le proprie frustrazioni, costringendoci ad assumere quasi un ruolo di paceri all’interno del team. Manca ancora un senso di stima reciproca, unito al confronto e all’umiltà che dovrebbe sottendere qualsiasi presa di posizione o gesto individuale.
Scenario davvero complesso quindi sotto il profilo squisitamente umano prima che tecnico. Crediamo però che non manchino anche le note positive e i punti di forza in questo programma Newyorkese. Impulsi e stimoli che vogliamo immaginare incoraggianti e che vi spingono a dedicare energie e pianificare almeno un mese all’anno in questa splendida città.
Come no! Partiamo ancora dallo spirito agonistico estremamente acceso, per nulla vacanziero, che ha permesso ai nostri ragazzi di mettersi subito alla prova sul campo, al netto dei numerosi deficit tecnici e di una preparazione atletica e sui fundamentals ancora tutta da colmare rispetto agli amici cubani ed europei. I Rockers scendono in diamante tronfi, non hanno affatto paura del gioco e ci hanno onestamente sorpreso per la forte creatività al servizio del gesto tecnico che li porta a ricercare uno stile personalizzato ed efficace in battuta o nella corsa, per quanto ancora rozzo. Ed è proprio per migliorarsi individualmente e come squadra che quest’anno più che mai i ragazzi ci hanno chiesto di spingere presso AIBXC affinché vengano stanziati fondi e risorse umane che permettano ad un gruppo di skipper, assistenti e arbitri navigati di sbarcare nella terra dei Maestri Fondatori del gioco per illustrare concretamente bellezza, pulizia, efficacia e trucchi del mestiere di questo magnifico sport. Da sottolineare una volta di più il grande rispetto dei Rockers verso la disciplina e chi ha ideato il giocattolo, elemento fondamentale ad una trasmissione rapida e fedele delle sue dinamiche principali.
Chiudiamo giustamente elencando le richieste principali di Ambassadors e Rockers, strettamente collegate ad auspici e orizzonti su cui vorreste si muovesse il progetto nei prossimi mesi: in sostanza, dove si va?
Al termine dell’ultima practice guidata dagli Ambassadors, gli atleti e i volontari presenti hanno espresso all’unisono, con un filo di commozione, la volontà ferrea di creare “a solid team”, una compagine coesa, strutturata, il cui processo di consolidamento dovrà passare gioco forza dal reclutamento di nuovi volontari, meglio se provenienti dal mondo del baseball. Forte inoltre l’impegno e l’assiduità assicurati nel presenziare agli allenamenti sino a fine settembre, con la possibilità di gestire anche una winter season in palestra. Sul piano delle richieste specifiche, il ritornello che riecheggia in squadra e che anche noi ambassadors vorremmo che non cadesse inascoltato ruota intorno alla possibilità di organizzare Clinic internazionali, in Italia, negli States, magari anche a Cuba, per dare la possibilità concreta ai Rockers di misurare sulla propria pelle il livello tecnico, agonistico ed organizzativo raggiunto in queste quattro tormentate stagioni. È un SOS emotivo e sincero che ci sentiamo di sottoscrivere e condividere in pieno proprio perché anche noi siamo stati i primi a sentirci spesso abbandonati dal Movimento nella gestione degli allenamenti, specie in queste ultime due stagioni caratterizzate da silenzi imbarazzanti e poche parole di incoraggiamento dall’Italia: costretti a spalettare sulle basi con il rischio concreto di essere investiti ed abbattuti dai corridori sulle basi (eventualità puntualmente verificatasi in diamante), piuttosto che chiamati a fornire chiarimenti al volo di natura regolamentare non sempre precisi. Non è stata una passeggiata. In conclusione, scongiurando l’errore di far passare questo pacchetto di richieste - obiezioni sotto la voce “trascichi polemici” in un Paese in cui la diatriba sterile e pungente è ormai assurto a sport nazionale, Ambassadors e Rockers chiedono ad alta voce ad AIBXC o alla Lega che sta nascendo in seno a FIBS un affiancamento concreto agli Ambassadors sui diamanti americani, se non proprio una staffetta che possa coprire i mesi in cui sono programmati gli allenamenti a New York che permetta ai nostri Rockers di continuare a respirare l’aria rarefatta ed esclusiva della competizione ad alto livello che da noi si può inalare da marzo a fine ottobre. L’obiettivo finale, chiaramente, sarà l’organizzazione di un torneo sulla falsa riga della Mole’s Cup che coinvolga europei, americani e, perché no, anche gli amici cubani. In questo senso siamo molto felici di aver già ricevuto da alcune squadre del Campionato Italiano AIBXC la piena disponibilità a raggiungerci a New York, anche attraverso una serie di iniziative di auto-finanziamento. Ragazzi, noi ci crediamo ancora a questo progetto, da oltre quattro anni. E voi?
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