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Adriano Chiesa e quello straordinario poker con i Tuoni Milano di Matteo Briglia

data di pubblicazione: 25-07-2019



Nell'immagine di copertina Adriano Chiesa, skipper dei Thunder's 5 Milano 2019.

 

Il manager, che da quattro stagioni è in cima all’Olimpo del baseball ciechi, si coccola giocatori e trionfi, forte di un’imbattibilità che dura ormai da oltre 800 giorni. La storia di un varesotto doc che ha forgiato il proprio successo cavalcando spregiudicatezza e anticonformismo.

 

Con il quarto scudetto consecutivo ottenuto dopo il trionfo dei suoi Tuoni sulla Leonessa Brescia nella Finale numero 23 del massimo campionato italiano di baseball per ciechi, Adriano Paolo Chiesa entra di diritto nella cerchia ristretta degli skipper più vincenti ed autorevoli del movimento. Con una metafora automobilistica, potremmo dire che ci arriva “senza patente”, in quanto completamente a digiuno di baseball, come giocatore o allenatore, per ciechi o normodotati che sia, prima dell’approdo nell’AIBXC nel 2011. Chiesa ha conquistato rapidamente il proscenio grazie ad un carisma empatico fuori dal comune, animato da una schiettezza formale e di sostanza concreta, propositiva, talvolta urticante, acceso ed infervorato da una testa pensante fuori dagli schemi tradizionali, per questo spesso fucina di idee innovative ed originali sul presente, futuro e prospettive del nostro batti e corri.

 

Baseball.it ha incontrato l’allenatore dei Tuoni originario di Besozzo (Varese) in coda ai festeggiamenti per la settima meraviglia meneghina e, approfittando della grande disponibilità di un coach vulcanico in versione fiume in piena, offre ai propri lettori la prima parte a tinte rigorosamente forti del “Church pensiero” 2019, senza filtri, argento vivo del personaggio più chiacchierato nel panorama LIBCI.

 

Adriano, è arrivato il poker con un nuovo “percorso netto” dopo quello del 2018 con i Patrini Malnate. Ma dove vuoi arrivare?

 

A me piace prefigurare e immaginare il futuro a più strati: piccoli passi, obbiettivi perseguibili e sogni, quindi nell’ordine: riposarmi sino a fine agosto, migliorare per la coppa Italia, essere il coach della Nazionale Libci alle Olimpiadi. Se devo sognare, sogno!

 

Tre stagioni trionfali a Malnate, approdo a casa Thunder’s sotto traccia nonostante la tempesta scatenata dallo scisma Patrini, ed è subito tricolore. Bravo tu o eccezionali i tuoi attori?

 

Mi prendo i meriti e li condivido equamente. Dico perciò entrambe le cose, quindi bravo io ed eccezionali i miei attori. Ho una squadra con eccellenze assolute sia nel comparto giocatori che in quello tecnico. Io bravo ad assemblarla e tenerla unita, loro eccezionali per disponibilità e umiltà. Ok, arrivavano da un anno disastroso, ma non è per niente scontato che giocatori e tecnici di blasone si mettano a totale e completa disposizione di un neoarrivato, incline a cambiare tutto: come si fanno gli allenamenti, il campo e il giorno, come si batte, come si corre e come si sta in difesa, come si spaletta…. in pratica ho rotto su tutto. All’inizio mi sentivo un elefante in un negozio di ceramica, ma è stato un attimo, perchè poi hanno avuto fiducia e la squadra è stata esemplare, tutti al servizio di tutti. Abbiamo passato qualche momento difficile, ma anche in quelli si sono dimostrati una squadra…

 

Ci vuoi raccontare il tuo approccio “casual” al baseball ciechi e i primi passi compiuti in questa “gabbia di matti”?

 

Approccio casual mi piace… Ogni tanto mi danno del pallonaro, ma io sono stato più un runner, pur avendo praticato molti sport diversi fra loro, per cui mi ritengo uno sportivo. Credo nasca da qui il mio approccio al nostro baseball. Io tratto i miei giocatori da sportivi e pretendo un atteggiamento sportivo e agonistico. Non voglio scuse o alibi, sei nelle stesse condizioni di tutti gli altri iscritti al campionato, quindi se vuoi praticare questa disciplina, devi essere un atleta e uno sportivo, quindi ti alleni e ti impegni e di conseguenza migliori e te la giochi, altrimenti vai a fare altro…Ho mosso i primi passi in AIBXC nella Cvinta Ravenna come apprendista alla corte di Lanzarini e Matteucci, che disperatamente hanno cercato di farmi comprendere il baseball, insegnandomi tanto anche a livello umano. Oggi sono fiero di avere la loro simpatia

 

C’è stato un momento in cui hai davvero compreso che, nonostante la totale mancanza di nozioni tecnico-tattiche legate alle dinamiche anche psicologiche del baseball, avresti comunque potuto dare molto all’ambiente e trascinare la Cenerentola Malnate a lottare per il titolo?

 

Ho iniziato nel 2011, un anno dopo sono nati i Patrini ed ero presente come assistente, mentre nel 2013 ne sono diventato il manager. Come risultati siamo migliorati ogni anno, sino al torneo di fine stagione del 2015 in cui siamo arrivati in finale. È qualcosa quindi che ho capito strada facendo in quegli anni, in cui vedevo crescere costantemente il livello di gioco, il numero di atleti e assistenti, parallelamente allo spirito di squadra. Successivamente, verso la metà del 2016, quando abbiamo capito quanto fosse forte Gaetano, ho compreso che avremmo potuto diventare i più forti, ma per farlo avremmo dovuto smontare parte di quello che avevamo fatto. Mentre in attacco eravamo già arrivati ad un buon livello, era necessario cambiare il modo di stare in campo per costruire la squadra intorno al nostro “Ministro della Difesa” Gaetano, rivoluzione per nulla banale, perchè avevamo Marco Case che era uno dei più forti interbase sulla piazza BXC.

 

Che rapporto hai con i tuoi ex-compagni di viaggio a Malnate? Rimpianti, vendette, sassolini residui nella scarpa da eliminare?

 

Giulio Bonati (mitico spalettatore in seconda) è uno dei miei migliori amici, ci vediamo tutte le settimane. Marco Case, Armando Virgili, Ottavio Stigliano e il coach Francesco Volo sono e saranno sempre miei amici e, chi più chi meno, ci si sente e ci si vede. Lorenzo Bossetti è il mio campione preferito e Agnello il suo futuro successore. Con gli assistenti ci si vede sul campo e mi pare sia tutto a posto. Gli altri stanno meglio senza di me. Nessun rimpianto, perché ritengo di aver fatto di tutto per evitare quello che è successo, almeno per quanto mi ha permesso il mio carattere. Nessuna vendetta, perché non credo alle vendette, ti sviano dai tuoi obiettivi. Nessun sassolino residuo, ma una cosa mi sono reso conto di non averla detta: finché si perdeva, che facessi tutto io andava bene eccome! Poi quando abbiamo cominciato e continuato a vincere, e allora tutti sul carro Patrini a prendersi i meriti. Era giunto quindi il momento che imparassi a starmene al mio posto…

 

Rimaniamo sulle domande scomode. E’ opinione diffusa nel panorama BXC che le tue fortune dipendano dall’incontro con l’orecchio bionico di Gaetano Casale e che il fenomeno di Porto Ceresio da 4 anni ti confezioni pentole e coperchi in serie levandoti dagli impicci. Cosa rispondi a chi associano la forza delle tue squadre unicamente al talento smisurato di Casale?

 

Dipende da cosa si sblatera nel dettaglio. Casale ha un talento smisurato, ma quelli che gli stanno intorno non sono soprammobili e mi pare che facciano il loro e anche bene. I Patrini non vincono più in serie senza Casale, ma ci si dimentica che mancano anche tali Marco Case e Daniel Okpara. Comunque in attacco quest’anno non sono andati affatto male, hanno girato sulle basi e questo resta ancora un loro punto di forza. E che dire dell’attacco dei Thunder’s Five? Signori, mettetevi il cuore in pace, è il migliore del campionato! Guardate le statistiche e quanti punti hanno fatto giocando spesso senza i titolari. Guardate i punti segnati quando hanno giocato i titolari! I detrattori hanno ragione a dire che non è merito mio. Io ho sempre affermato, e qui lo sottoscrivo, che un allenatore di qualsiasi disciplina sportiva, quando ha la fortuna di guidare una squadra forte, deve semplicemente limitarsi a tenere insieme il gruppo. Non fare né danni, né il fenomeno. Adeguarsi alle caratteristiche dei suoi giocatori anche se sono contro la filosofia ideale del proprio gioco. Mi sembra di aver fatto solo quello. Poi il ritornello che si vince solo per Casale è roba trita e ritrita che perdura da sempre, dai tempi di Sarwar ai Tuoni, Comuniello alla Fiorentina etc. Fortunatamente questa fronda è minoritaria, da un lato invidiosa di non avere in squadra questi fenomeni e dall’altro lato composta da chi si crea un alibi per giustificare i propri limiti, dire che è impossibile vincere contro Gaetano ti giustifica ogni sconfitta. Come ho detto sono la minoranza e ne abbiamo avuto una bella dimostrazione dalle recenti dichiarazioni dei giocatori della Leonessa Brescia, in cui sostanzialmente hanno ascritto la sconfitta in finale alle loro mancanze piuttosto che nascondersi dietro ad alibi, dimostrando una volta di più di essere una vera squadra.

 

Numeri e statistiche raccontano però di una deriva agonistica e di risultati dei Patrini 2019 senza Casale, copia sbiadita e smarrita di quella corazzata che ai tuoi ordini aveva maramaldeggiato dal 2016 al 2018. Come ribatti alle critiche di chi ti accusa di scommettere sui soliti cavalli vincenti nei tuoi roster, di lavorare poco sulla crescita dei giovani prospetti, puntando esclusivamente al raggiungimento dell’obiettivo?

 

Questa fa ridere. Ma scusa, al netto delle false moralità, a chi piace giocare per perdere? Comunque sta gente ha ragione, considerato che pochi giorni fa mi sono scusato con tutta la squadra perchè non sono riuscito a far giocare di più tutti. Poi che lavori poco sulla crescita è una benemerita ed immensa cavolata detta da chi non ha la più pallida idea di come gestisco gli allenamenti. Lo dicono le statistiche presenti nel nostro sito e prese dai tabellini ufficiali della lega: a parte Dragotto impegnato con la paternità, Nesossi che è rimasto stabile ad alti livelli registrando però un numero maggiore di fuoricampo, tutti gli altri sono migliorati come statistiche in attacco, Girelli ha fatto il suo primo giro del campo andando a punto registrando anche il primo out in carriera come anche Palmieri.

 

di Matteo Briglia

24 luglio 2019

 

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