Il presidente dell’AIBXC, Mazzanti ha ricordato il fondatore del movimento per i non vedenti
Quattordici campionati disputati con la maglietta biancoblù cucita sulle spalle. Tre scudetti (1969, 1972 e 1974), una Coppa Campioni alzata al cielo nel 1973 battendo in finale Rotterdam e ben trentacinque presenza in Nazionale. Una media battuta di tutto rispetto, condita da quasi 300 RBI e dal primo fuoricampo siglato da un italiano nel nuovo Gianni Falchi. La sua storica casacca numero 11 ritirata dalla società Fortitudo, prima di essere inserito nella Hall of Fame degli allenatori dalla FIBS nel 2010, anno della sua scomparsa. Tutto questo all’interno del diamante, ma di lui si ricorda soprattutto una grande sensibilità ai problemi sociali oltre le recinzioni del campo. Fu Meli, infatti, a inventare la versione del “batti e corri” dedicata ai non vedenti, riuscendo a coinvolgere alcuni ex giocatori a partecipare al progetto e rendendolo realtà il 16 ottobre 1994, quando a Casalecchio si disputò la prima partita sulla lunghezza di sette riprese. Nel corso di questi 26 anni il movimento è cresciuto a dismisura, tanto da essere riconosciuto in tutti i continenti: da Cuba fino al Pakistan, passando per Germania e Gran Bretagna. Di lui, ha voluto lasciare un ricordo Alberto Mazzanti, attuale presidente dell’AIBXC e grande amico di Meli.
LEADER VERO. “Fuori dal campo, Alfredo era un personaggio strepitoso. Era intelligente, sapeva fare gruppo come pochi: era l’anima della festa, ma allo stesso tempo un punto di riferimento per molti. Insomma, aveva tutte le carte in regola per inventare quello che poi ha inventato. Ci incontrammo per la prima volta da giovani avversari sul diamante; poi, dopo una serie di vicissitudini, diventammo grandi amici. L’idea del baseball per non vedenti gli frullava per la testa da un po', tant’è vero che quando si candidò per le elezioni federali del 1992 aveva nel suo programma elettorale un punto per la creazione di una sezione dedicata ai disabili. Nonostante non fosse riuscito a spuntarla ai voti, il progetto non naufragò, anzi si sviluppò. Si decise di puntare sui ciechi, ma bisognava partire da zero. Certo, oltreoceano esisteva già una specie di gioco simile ma era una sorta di passatempo, mentre la sua idea era quella di creare un qualcosa che fosse il più vicino possibile al baseball “vero”. Su un campo vero, con una mazza vera. Bisognava stabilire le regole e ancora prima capire come riadattare gli strumenti. Quel 16 ottobre del 1994 rimarrà nella storia come la data della prima partita” conclude Mazzanti: “da lì cominciò tutto e ora possiamo contare su un movimento solido e di proporzioni internazionali, capace di coinvolgere ragazzi di tutto il mondo”.
Di Andrea Nervuti
Bologna, 2 gennaio 2021